LETTERA ENCICLICA CARITAS IN VERITATE (Estratti)
DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE
AI FEDELI LAICI
E A TUTTI GLI UOMINI
DI BUONA VOLONTÀ
SULLO SVILUPPO UMANO INTEGRALE
NELLA CARITÀ E NELLA VERITÀ
§ 57. Il dialogo fecondo tra fede e ragione non può che rendere più efficace l’opera della carità nel sociale e costituisce la cornice più appropriata per incentivare la collaborazione fraterna tra credenti e non credenti nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace dell’umanità. Nella Costituzione pastorale Gaudium et spes i Padri conciliari affermavano: « Credenti e non credenti sono generalmente d’accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice » [136]. Per i credenti, il mondo non è frutto del caso né della necessità, ma di un progetto di Dio. Nasce di qui il dovere che i credenti hanno di unire i loro sforzi con tutti gli uomini e le donne di buona volontà di altre religioni o non credenti, affinché questo nostro mondo corrisponda effettivamente al progetto divino: vivere come una famiglia, sotto lo sguardo del Creatore. Manifestazione particolare della carità e criterio guida per la collaborazione fraterna di credenti e non credenti è senz’altro il principio di sussidiarietà [137], espressione dell’inalienabile libertà umana. La sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità. La sussidiarietà rispetta la dignità della persona, nella quale vede un soggetto sempre capace di dare qualcosa agli altri. Riconoscendo nella reciprocità l’intima costituzione dell’essere umano, la sussidiarietà è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista. Essa può dar conto sia della molteplice articolazione dei piani e quindi della pluralità dei soggetti, sia di un loro coordinamento. Si tratta quindi di un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione e a orientarla verso un vero sviluppo umano. Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente. La globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico [138], sia per non ledere la libertà sia per risultare concretamente efficace.