Schema dell’intervento di don Stefano Bersani nell’incontro sul tema del Tempo nella Bibbia
[1]
[1] In principio Dio creò il cielo e la terra.
[2] Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
[3] Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu.
[4] Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre
[5] e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
[6] Dio disse: “Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”.
[7] Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne.
[8] Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
[9] Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto”. E così avvenne.
[10] Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona.
[11] E Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie”. E così avvenne:
[12] la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.
[13] E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
[14] Dio disse: “Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni
[15] e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra”. E così avvenne:
[16] Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle.
[17] Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra
[18] e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona.
[19] E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
[20] Dio disse: “Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo”.
[21] Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
[22] Dio li benedisse: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra”.
[23] E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
[24] Dio disse: “La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie”. E così avvenne:
[25] Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
[26] E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.
[27] Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
[28] Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”.
[29] Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.
[30] A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne.
[31] Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
[2]
[1] Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere.
[2] Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.
[3] Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.
[4a]Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
Gen 1,1 – 2,4a; ovvero: come dire l’origine?
* Un linguaggio “mitico”: ciò che si colloca fuori del tempo di cui l’uomo ha esperienza e che, precedendola, collega il presente all’origine dando così conto del presente stesso.
* Un linguaggio polemico verso le coeve esperienze religiose dell’antico Vicino Oriente: la relativizzazione dei miti babilonesi (testo composto durante l’esilio babilonese, nel VI sec. a.C.).
* Un linguaggio poetico. Oltre la narrazione: “un lungo incantesimo che sale dal fondo del caos e dell’eternità”. Un inno?
La struttura settimanale
* Il preambolo (1, 1-2): è lo squarcio sull’abisso prima di tutto ciò che è, del tempo e dello spazio; ed è dominato dalla “ruah” (lo “spirito”).
* Primo giorno (1, 3-5): la creazione della luce è la creazione del tempo (“notte/giorno; primo giorno”). Il tempo si presenta nella sua scansione, nell’esperienza che se ne fa, non nella sua essenza. Il tempo “precede” lo spazio (la sequenza luce/tenebre precede la sequenza acque sopra/acque sotto; la coppia cielo/terra non indica la spazialità, ma la totalità dell’esistente). E la sua tonalità è da subito definita positivamente (1,4: “era cosa buona”).
* Quarto giorno: (1, 14-19): ripresa dell’articolazione luce-tempo (prospettiva desacralizzante: gli astri, e dunque il tempo, a servizio dell’uomo). La sequenza “stagioni/giorni/anni” (1,14) è al centro della settimana, ne è il cuore.
* Settimo giorno: (2, 1-3): non è l’ultimo giorno, è un giorno singolare, oltre la serie precedente. Una singolarità che si esprime come “compimento”, il cui segno sono è la consacrazione (la sua separazione, distinzione): il settimo giorno è un giorno liturgico. Il ritmo liturgico della storia (lo “shabbat”, i giubilei) anticipa il compimento della relazione tra l’uomo e Dio, identificando nel tempo “feriale” il luogo della partecipazione dell’uomo all’opera di Dio, il suo configurarsi a Lui (1,27: “a sua immagine”). La storia è dunque ri-creazione: luogo della continua trasformazione in vista del raggiungimento dell’identità originaria tra Dio e l’uomo (1,27). Ma se i giorni feriali sono dedicati a questo esercizio etico (il lavoro), i giorni festivi, liturgicamente segnati, indicano l’anticipazione all’uomo del tempo “pieno” di Dio (il numero 7 ha la stessa radice verbale di “essere pieno”): scopo e direzione della temporalità è la presenza dell’uomo a Dio, la loro comunione reciproca.
In sintesi.
* Il tempo è il contesto dell’opera (salvifica) di Dio: Dio “fa”, crea. E “fa” bene: l’azione di Dio è positiva per l’uomo. Esodo precede Genesi: l’esperienza della liberazione fonda la coscienza che il popolo ha di Dio e di sé (“La professione del Dio salvatore è professione di una salvezza talmente radicale da dover necessariamente divenire professione del Dio creatore e ri-creatore di tutte le cose”). Vedendo Dio in azione (il singolo atto/Esodo) si coglie il senso dell’azione di Dio (gli atti nella loro successione/Genesi: ovvero la “storia della salvezza”).
* Il profetismo è la denuncia della rottura del processo di ri-creazione avviato. Legge il presente come non coerente con il senso profondo della storia, ovvero con l’azione di Dio; e richiama a una ri-forma della vita (il ritorno alla forma esodica: i Comandamenti). L’unico tempo disponibile all’uomo è il presente: questo tempo vissuto nella memoria (fedeltà al passato), apre al futuro come speranza. Si dischiude così una prospettiva escatologica (messianica): di fronte al fallimento (etico) umano, Dio stesso, in ragione della sua fedeltà a sé (la benedizione di cui partecipa il creato, e dunque anche il tempo) provvederà.
* La categoria cristiana dell’Ottavo giorno individua nella vicenda di Gesù la chiave per interpretare la “storia della salvezza”/Genesi. Centrale è l’esperienza della Pasqua di Gesù (a partire dalla rilettura di 1, 1-2 come descrizione del Golgota). Vivere come Gesù (il suo stile di dedizione ai fratelli e di abbandono al Padre) conduce alla comunione con Dio. Più che un nuovo inizio, allora, il “dies Domini” dice, anche nella sua qualità liturgica, il senso del tempo (la creazione in Cristo, dove Cristo è modello originario, perché uomo-Dio, perché realizza la comunione del settimo giorno). La risurrezione è la forma narrativa dell‘umanità configurata a Cristo, un’umanità nuova, eterna (senza più il tempo, senza più l’etica), definitiva. E’ la prospettiva paolina della salvezza per fede: la Legge denuncia il peccato (l’incapacità dell’uomo a realizzare la comunione con Dio), la fede (in Gesù) compie questo scarto.
* Una nota non marginale: si entra nel tempo (e dunque si partecipa all’opera di Dio) attraverso una separazione (1,4) o una distinzione progressiva (1,24: “secondo la loro specie”), ovvero attraverso un’alterità riconosciuta. La separazione fonda la possibilità della relazione (1, 11.22.28: la fecondità, ovvero la catena generazionale padre/figlio è la prima relazione).