Progetto Utopia
Era il 12 dicembre del 1974. Una sera di gelo a Bernate Ticino lungo il Naviglio. Cena in una cooperativa di campagna e poi nella sala fredda della biblioteca della vecchia abbazia a discutere su che cosa avremmo voluto diventare. Tanta certezza e voglia di stare assieme per studiare e confrontare le opere che ciascuno di noi aveva tra le mani. Perché siamo nati poveri e in pochi: i “disponibili”.
Sotto la guida di Umberto Dell’Acqua, abbiamo buttato sulla carta delle idee come un grano di senape che, si sperava, sarebbe diventato un grande albero. Poi siamo usciti a notte fonda. Le ruote delle macchine erano imprigionate nel ghiaccio. Ma si rideva e si scherzava. Ciò che volevamo, la grande UTOPIA, era nata.
Dal dizionario: Utopia: concezione politica o sociale che non tiene conto della realtà.
Parlare di Progetto Utopia vuole forse dire che Pedagogia Globale costruisce la sua storia su una illusione pedagogica, una chimera avulsa da qualsiasi concretezza? Niente affatto! La nostra “scuola” pedagogica ha sempre favorito lo sviluppo culturale e formativo di professionisti appartenenti a scienze diverse (psicologia, filosofia, pedagogia, medicina, matematica, sociologia, diritto) interessati ai problemi educativi ed allo sviluppo globale della persona umana nei suoi processi, nelle sue relazioni e attese.
Ciascuno di noi è sempre stato invitato a chiarirsi l’idea che aveva dell’uomo e della sua destinazione (antropologia filosofica) per poter sempre meglio focalizzare i problemi essenziali della pedagogia:
– chi educare
– perché educare
– come educare.
Alcuni capi saldi sono alla base del nostro cammino:
La visione personalistica dell’uomo e la profonda convinzione che in ognuno esiste un potenziale da valorizzare; solo formatori competenti possono far tradurre dette potenzialità in capacità. Pertanto, siamo sempre stati invitati a spaziare fra arte, poesia, musica, ma anche politica, economia, … perché più l’uomo è colto, più sa essere critico; sa cioè cogliere il positivo ed il negativo di ogni situazione e sa trovare risposte adeguate.
La conoscenza e lo sviluppo culturale, più in generale, permettono al formatore ed all’educando di far luce nella loro vita, di conoscere sé e gli altri e di pervenire ad una visione organica della realtà accettandone le sfide.
La persona colta è paragonabile ad un radar, ad un’antenna sempre pronta a captare ciò che vi è in positivo.
La cultura richiede una continua rivisitazione di sé e, contemporaneamente, facilita la ricerca esterna. Per favorire lo sviluppo di sé e degli altri occorre mettersi in cammino per ricercare, per scoprire e per aprirsi alle idee, farsi pellegrino: occorre essere buoni camminatori e compagni di strada.
Il professionista dei servizi alla persona è quindi colui che conosce perché ricerca, cammina a fianco, guida, condivide esperienze, esplora e suggerisce creando le condizioni ottimali fino a quando l’altro è in grado di autodeterminarsi.
Deve essere un conoscitore ed interprete dei bisogni dell’altro, un promotore di cambiamenti, che si autoeduca per educare.
Considera l’altro e lo tratta con dignità.
Non fugge e davanti al muro dell’impossibile accetta responsabilmente le sfide, continuando a creare le condizioni migliori perché l’altro cresca.
E’ Maestro, cioè, colui che sa di più e che aiuta l’altro a divenire protagonista della propria vita nel quotidiano, cercando costantemente il Vero, il Bello ed il Buono.